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LAVORO

Il lavoro rende liberi?

Siamo nati in una nazione che ha sempre messo la primo posto il lavoro, all’apparenza anche prima della persona. Ci hanno convinto che noi non siamo nulla senza un lavoro, ma è davvero così che vogliamo continuare a vivere? E’ questo che vogliamo insegnare alle generazioni future? Dedicare tutte le ore più meravigliose di ogni giorno all’azienda per cui lavoriamo. A quanto pare, il periodo di lockdown ci ha risvegliati da questo lungo sonno imposto dalla società, dove ogni giorno come degli automi ci svegliamo, lavoriamo, mangiamo e dormiamo. La classica routine si è rotta, è cambiata. Per tutti, nessuno escluso. In questo lungo momento di pausa comune ci siamo riscoperti, abbiamo ascoltato noi stessi e abbiamo fatto ciò che volevamo fare, certo dentro le mura di casa. Abbiamo rispolverato vecchi hobby lasciati da parte perché l’età adulta non ci permetteva più di dedicare del tempo ad essi. E quando tutto è tornato (o quasi) alla normalità, il ritorno alle vecchie abitudini all’interno dei nostri uffici ha cominciato a renderci sofferenti. Per quanto possiamo amare il nostro lavoro, l’essere umano ha bisogno di tempo per sé, per crescere e continuare a scoprirsi ogni giorno.

In molto hanno capito che la propria posizione lavorativa non era più adatta. E così uno tsunami silenzioso di dimissioni si è riversato nelle aziende italiane; soprattutto tra i giovani. Siamo stati additati come scansafatiche, dicono che non abbiamo voglia di lavorare, che non sappiamo cosa significa fare sacrifici. Loro, che hanno vissuto il periodo più florido del dopoguerra, dove con il sacrificio potevi permetterti una villa; a differenza di ora che con il sacrificio forse riusciamo a comprarci una macchina (usata o nella migliore delle ipotesi con l’aiuto di un finanziamento). A che scopo quindi lavorare così tanto per avere così poco. Ci siamo fermati e abbiamo alzato lo sguardo al cielo, il tempo libero che possiamo dedicare a ciò che ci rende felici sembra essere l’unica cosa che conta nella vita.

Non siamo compresi quando chiediamo una riduzione di orario o una flessibilità che non possono concederci, perché sai nessuno l’ha mai chiesto. Veniamo additati come pazzi, come è possibile desiderare più tempo e meno soldi? Impossibile, in una società come la nostra, basata sul consumismo, sul dovere di mostrarsi migliori, più ricchi. Ci insegnano che la vera bellezza è dentro di noi ma non appena ci giriamo capiamo che non sei nulla se non hai l’ultimo smartphone appena uscito. Fa ridere che non ci concedano 10 ore in meno a settimana perché credono di ridurre la produttività, quando invece non farebbero altro che aumentarla. Più siamo tranquilli, felici, rilassati e meglio lavoriamo. E’ così difficile da capire? Il nord Europa come sempre prima di tutti, ha già capito che questo metodo funziona.

Ma qui non potrà mai funzionare, neanche se i nostri titolari ci concedessero questo tempo in più. Perché i soldi sarebbero troppo pochi per poter vivere dignitosamente, non avremmo abbastanza denaro per sfamare i nostri figli e donargli una vita felice e senza troppi sacrifici; e lo stress torna ad essere presente nelle nostre vite. Forse non vogliamo scendere a compromessi e preferiamo perdere tutte le nostre giornate a discapito delle vacanze estive in posti esotici. Abbiamo deciso che vale di più una settimana all’anno ai Caraibi che due ore di aria in più al giorno. Ci sentiamo davvero liberi? La scelta è realmente nostra o non possiamo fare a meno di adeguarci alla massa?