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E’ bello quando dopo qualche settimana di pausa lavorativa si ritorna in ufficio più che volentieri, quando la propria mansione ci soddisfa siamo per quanto poco un po’ più felici di dedicare le nostre giornate a quello. Sto pensando però a quanti come me si sono adeguati ai fin troppo diffusi straordinari non pagati. Per delle motivazioni che non riesco a capire in questa fase di vita, molti titolari quando propongono un contratto preferiscono escludere gli straordinari e mantenere solo il compenso mensile.

Siamo tutti d’accordo sul fatto che questa decisione sia anche giusta se viene vista come un incentivo per evitare di avere dipendenti che fanno un’ora in più anche quando non è necessaria solo per prendersi dei soldi in più. Ma, come sempre, per colpa dei più furbi, se così si possono definire, alla fine chi ci rimette siamo sempre noi che cerchiamo di mantenere un comportamento corretto. Ma perché quindi ci abbassiamo ad accettare queste condizioni? O meglio, perché poi facciamo davvero tutte quelle ore in più sapendo perfettamente di non essere retribuiti? Senza tralasciare il fatto che il compenso mensile è un normalissimo stipendio che prende anche quelli a cui lo straordinario viene retribuito.

E’ forse la passione che ci mettiamo nello svolgere il nostro lavoro che ci permette a malincuore di regalare così tanto del nostro tempo? Potrebbe essere un’eccessiva dose di ego che ci fa credere che senza quell’ora in più l’azienda non va avanti? O forse è il giusto compromesso in questo ultimo periodo storico, dove per le mie ore ricevo anziché denaro l’esperienza. La tanto agognata esperienza, che non è possibile farla durante le classici 40 ore, ma abbiamo la convinzione che può venire appresa solo in quelle centinaia di ore in più che regaliamo. E alla fine ci convinciamo che va bene così.

Ma quando poi sentiamo la stanchezza pervadere il nostro corpo e la nostra mente, vorremmo tornare indietro e smetterla di regalare noi stessi così facilmente. Non è più possibile, però. Perché una volta che hai abituato il tuo capo a tutte quegli straordinari gratis, non farli sembrerà di essere inferiore a tutti, darai l’idea di uno che non si dà da fare. E neanche quelle 8 ore quotidiano avranno più il valore di un tempo, senza quell’ora in più. E poi, se cominci a lavorare un’ora prima o fai un’ora in meno di pausa, non vorrai mica andare via un’ora prima, sia mai.

Le motivazioni che ci hanno spinto ad accettare una cosa del genere non reggono più e il nostro valore viene soppesato solo in base a quante ore regaliamo. Vogliamo davvero donare ciò che non può essere comprato in nessun modo e che non può tornare mai più per il nostro lavoro? Ovviamente mi riferisco al magico mondo dei dipendenti. Questa strana razza di gentaglia che ruba i soldi all’azienda senza neanche ringraziare per questo ineguagliabile dono che è il lavoro. Spesso non riusciamo neanche ad accorgerci di questo strano loop che ci siamo creati da soli, perché siamo troppo concentrati per fermarci a riflettere su queste baggianate; lo fanno tutti, quindi significa che è ok.

Io ad un certo punto mi sono fermata. Ho sommato tutto il tempo che regalato e mi sono accorta che avrei potuto spenderlo meglio. Le mie ore hanno un valore, non vanno regalate, mai. Perché così facendo ci sminuiamo, e abituiamo chi ci sta di fronte che non conosciamo il nostro vero valore. Se ci svendiamo così, come potremmo mai riuscire a diventare veramente dei professionisti? Ad acquistare valore per poterci vendere nel mondo del lavoro con dignità?

– consapevole